Sport e giovani: lettera aperta a Draghi
Sono un atleta paralimpico e sono quindi toccato da due temi: il ministero (senza portafoglio) della disabilità e lo sport, argomento che sembra essere scivolato agli ultimi posti tra le priorità. Sul primo argomento, è evidente che «nel mondo che vorrei» un ministero tutto per noi non avrebbe senso poiché ogni scelta politica dovrebbe farsi carico di garantire pari opportunità, senza rendere necessario un organo preposto. È anche vero che stiamo ancora percorrendo la strada dell’inclusione e allora vale la pena provare a considerare questo ministero come un acceleratore del processo, ai posteri l’ardua sentenza.
Per quanto riguarda lo sport, direi che ha bisogno di un ministero o meglio noi tutti abbiamo bisogno dello sport! Ci sono tanti eventi da pianificare, soprattutto lo sport non è solo l’alta specialità ma un vero e proprio strumento funzionale alla crescita di un Paese. Come mai questa visione sembra interessare poco alla nostra politica da tanti anni a questa parte? Ho avuto l’onore di vivere la vittoria a un campionato del mondo ma soprattutto ho la grande fortuna di aver potuto contare sullo sport per crescere e so bene che non è così per molti.
Nel nostro Paese gli impianti sportivi sono spesso inadeguati, la scuola snobba lo sport e le società sportive pesano quasi totalmente sulle spalle degli appassionati, inguaribili romantici che danno l’anima pur di far muovere i ragazzi.
Perché la politica non sente questa responsabilità? Abbiamo tanti esempi di audace lungimiranza in altri Paesi, dove lo sport viene utilizzato come strumento educativo e formativo per i ragazzi, dove si garantiscono moltissime ore di attività motorie perché è ben chiaro, e anche le neuroscienze lo dimostrano, che il movimento e l’attività sportive sono utilissimi per forgiare il carattere e l’emotività dei nostri giovani, avendo un impatto notevole nel lungo periodo anche sulla produttività di un tessuto sociale.
Nel 1909 la scuola elementare italiana garantiva un’ora al giorno di educazione motoria e adesso, a prescindere dalla pandemia, non siamo in grado di far muovere i ragazzi nemmeno due ore a settimana. Chi insegna educazione fisica nelle scuole medie è consapevole che c’è un analfabetismo motorio allarmante tra i giovani, preoccupante perché muoversi vuol dire apprendere (da piccoli) e mantenere un buono stato di salute da
adulti. Perché abbiamo deciso di non puntare su questi temi in maniera diretta?
Lunedi 22 Febbraio 2021
Daniele Cassioli, campione paralimpico, Presidente onorario Piramis onlus